Il doppiaggio italiano: l’inizio

Il doppiaggio italiano: l'inizio

*cough cough* Allora… l’autrice vorrebbe mettere le mani avanti e annunciare che l’intento dell’articolo in questione vuole essere quello di raccontare gli inizi del doppiaggio italiano (immagino che il titolo fosse un indizio notevole, ma non si può mai essere troppo previdenti) e non quello di ammorbare con una lezione sulla storia del cinema. Con la speranza di essere riuscita a raggiungere l’obiettivo, diamo il via alle danze.

Come spesso accade, per poter parlare di un argomento, dobbiamo prima però fare un salto indietro nel tempo e fare un pit stop ai tempi del cinema muto: all’epoca, la comprensione del film era affidata alla gestualità e alla mimica degli attori e alle didascalie che comparivano tra una scena e l’altra per “dare voce” agli attori in scena.
Questi cartelli con poche e semplici righe di testo non sono altro che precursori di quelli che conosciamo come sottotitoli e, esattamente come nel sottotitolaggio moderno, potevano essere tradotti da una lingua all’altra in base al Paese in cui il film veniva distribuito.

Poi, all’inizio del XX secolo, il cinema viene rivoluzionato dall’arrivo del sonoro, un vero e proprio evento spartiacque nella storia della settima arte, che, come tutte le novità che sconvolgono, non viene inizialmente vista di buon’occhio; ecco perché molti Paesi iniziarono a imporre restrizioni ai film provenienti dall’estero. Per quanto riguarda l’Italia, il 1929 segna la prima messa al bando da parte del regime fascista di tutti i film non in italiano, una decisione presa allo scopo di tutelare gli interessi della cinematografia nazionale. Così, per correre ai ripari e garantire la distribuzione ovunque, le case di produzione internazionali (e in particolare americane) trovano due possibili soluzioni:

  • girare più versioni di una pellicola: usando lo stesso set, ma diversi cast, la pellicola viene girata più volte;
  • realizzare il doppiaggio del film: gli attori americani si auto-doppiano in lingua italiana. La prima casa a pensare a questa soluzione fu la Fox che, nel 1929, realizzò la pellicola “Maritati a Hollywood”, un film che purtroppo ci è arrivato incompleto; la prima pellicola completa doppiata risale invece a tre anni dopo, quando la Metro Goldwyn Meyer fa doppiare, sempre da attori italoamericani, il film “Carcere”.

Entrambe queste soluzioni non riscontrano però il favore del pubblico, eccezion fatta per il successo riportato dalle pellicole di Stanlio e Ollio,  che grazie alla comicità delle loro gag e all’accento italoamericano con il quale si auto-doppiano i protagonisti, scatenano l’ilarità nel pubblico italiano.

Oltretutto queste tecniche sono molte costose e, quando vengono messe al bando, le case di produzione passano definitivamente al doppiaggio: l’avanzamento della tecnologia, infatti, adesso permette di cambiare la colonna sonora senza dover rigirare tutto il film. Il doppiaggio viene dapprima affidato ad aziende interne alla stessa Hollywood, e poi in seguito a professionisti nel Paese in cui si intende distribuire il film; la casa di distribuzione Paramount decide quindi di aprire uno stabilimento di doppiaggio a Joinville, in Francia, nel quale doppiare film destinati alla distribuzione in Italia, ma anche in Germania, Francia, ecc. Questa decisione della casa americana viene inizialmente apprezzata anche nel Bel Paese, tant’è che il regime fascista accetta di mandare attori italiani (e in particolare teatrali) a doppiare.
La musica cambia però nel 1932 quando viene pubblicato un regio decreto che vieta la distribuzione di pellicole la cui sincronizzazione non sia avvenuta in territorio italiano; nasce così il primo stabilimento di doppiaggio presso la Cines-Pittaluga, considerata la migliore e più potente società cinematografica dell’inizio degli anni ’30. La direzione viene affidata all’esperto Mario Almirante, il quale sceglie attori teatrali dalla dizione pulita e tecnici con molta esperienza, tra i quali anche dialoghisti adattatori. Nel corso degli anni, poi, nascono ulteriori stabilimenti quali, tra gli altri, Fotovox e Fonoroma.

Il doppiaggio si rivela una scelta azzeccata, che riscontra il favore del pubblico, il quale essendo a maggioranza analfabeta, faticava (quando riusciva) a leggere le didascalie. Tuttavia, il primo stile di doppiaggio italiano è ben lontano da quello che adesso risuona nelle nostre case in quanto viene fatto “nel pieno rispetto della pronuncia romano-fiorentina [e con] l’adozione di un lessico decorosamente medio e largamente comprensibile”. Questa stasi della lingua del doppiaggio rimarrà fino, all’incirca, agli anni ’70, quando l’italiano doppiato si farà meno compassato e più aperto a sfumature e dialetti, adeguandosi così alla ricchezza e alla varietà del parlato del film originale, perché, citando Federico Fellini, uno dei più grandi del cinema nostrano, “il doppiaggio è come una seduta spiritica; i doppiatori sono dei medium che daranno un’identità a quelle ombre”.

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Non piove da giorni, eppure in tutto il mondo è un tripudio di arcobaleni!

Se non lo sapeste e vi steste chiedendo di cosa parlo, giugno è il mese in cui si festeggia l’orgoglio LGBTQIA+ 🏳️‍🌈🏳️‍⚧️

Nel giugno del 1969, infatti, dopo l’ennesima ingiustificata retata in un locale LGBTQIA+ di New York, la comunità queer decise di scendere in piazza per dire basta ai soprusi da parte delle forze dell’ordine e della società, rivendicando il diritto a esistere e a vivere in pace le proprie vite.

Questo mese, sulla scia del pride month, abbiamo deciso di portare questa tematica anche nella nostra rubrica cinematografica, consigliandovi due titoli molto diversi per genere e target, ma accomunati dalla tematica queer.

Silvia consiglia: “Disclosure” (2020)
Regia: Sam Feder 
Con: Laverne Cox, Jamie Clayton, Chaz Bono, MJ Rodriguez, Brian Michael Smith, Lilly Wachowski, Angelica Ross 
Genere: Documentario 
Durata: 1h40 minuti
Doppiaggio: Non disponibile
Sottotitoli: Disponibili

Trama: Il racconto della storia della (limitata) rappresentazione trans nel cinema, dai film muti alla serie TV Pose del 2018, attraverso le parole di attori e attrici transgender che raccontano cos’è e cosa significa per loro l’industria cinematografica, sia come membri dell’industria stessa sia come utenti.

Lo consiglio perché: Spesso, nel dibattito pubblico, quando si parla di minoranze o comunità discriminate, il dibattito viene portato avanti dalle classi più “in vista” e privilegiate, che si arrogano il diritto di discutere dei diritti altrui senza lasciare spazio alle persone direttamente interessate. In questo documentario, invece, la parola viene lasciata direttamente alle persone trans, che ci raccontano in modo semplice, personale ed estremamente diretto il loro punto di vista sulla narrazione mediatica che viene portata avanti nei riguardi della loro comunità e su come questa narrazione si sia evoluta negli anni, costringendoci a farci delle domande e a guardare i prodotti audiovisivi con una percezione diversa e più inclusiva. 

Trailer: Disclosure (Trailer ENG)
Disponibile su: Netflix

Arianna consiglia: “Tuo, Simon” (2018) 
Regia: Greg Berlanti
Con: Nick Robinson, Katherine Langford, Keiynan Lonsdale, Jennifer Garner
Genere: Commedia/Romantico 
Durata: 1h50 minuti
Doppiaggio: Tuo, Simon

Trama: Simon è un adolescente come gli altri: ha una famiglia che gli vuole bene e un gruppo di amici straordinari. Il ragazzo ha però un segreto che non riesce a confessare a nessuno: è gay. Un giorno però inizia un appassionante scambio di mail con un altro studente della sua scuola, che vuole rimanere anonimo. Ma all’improvviso il suo segreto rischia di essere rivelato…

Lo consiglio perché: nella semplicità della sua trama, questo è un film che racconta perfettamente (ai ragazzi, ma non solo) cosa significa essere un adolescente alla scoperta di sé. Per di più, cosa più unica che rara, la pellicola ci mostra un coming out non segnato da tragedie personali e familiari, ma soltanto da tanta incertezza per quello che aspetta il protagonista una volta che avrà rivelato il proprio segreto. Semplice eppure di impatto, leggero ma a tratti profondo: un film equilibrato che – se siete empatici come me – vi farà piangere lacrime liberatorie. 

Trailer: Tuo, Simon

Disponibile su: Netflix, Disney+

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Eccoci tornate con un nuovo appuntamento della nostra rubrica di consigli cinematografici. Per chi ci leggesse per la prima volta, vi informiamo che questi non vogliono in alcun modo essere consigli “da critici cinematografici”, ma dei semplici e spassionati suggerimenti da parte di persone che amano il cinema.
Questo mese, sulla scia dei David di Donatello, che all’inizio di maggio hanno celebrato i successi del cinema italiano, abbiamo deciso di proporvi due titoli made in Italy:

Arianna consiglia: “Io, noi e Gaber” (2023)

Regia: Riccardo Milani
Con: Claudio Bisio, Gino & Michele, Paolo Jannacci, Jovanotti, Mogol, Vincenzo Mollica, Gianni Morandi, Massimiliano Pani 
Genere: Documentario 
Durata: 2h15 minuti 

Trama: Un documentario, un ritratto di Giorgio Gaber. La vita e la carriera dell’interprete milanese raccontate dalla famiglia, dagli amici e da chi a lui si ispira ancora oggi. Un viaggio culturale, politico e filosofico dell’Italia che fu (e forse ancora un po’ è), fatto di decine di spezzoni delle sue apparizioni televisive e dei suoi spettacoli teatrali.   

Lo consiglio perché… “Io non mi sento italiano, ma per fortuna o purtroppo lo sono”, quante volte ci è capitato di pensare una cosa simile, davanti a eventi più o meno lieti? A parer mio, questo non è documentario, ma un vero e proprio viaggio nella storia italiana, raccontata attraverso le canzoni del Signor G e le voci di tutti coloro che lo hanno conosciuto. Due ore e quindici all’insegna della musica di Gaber e di quella sua visione del mondo che così bene ha saputo raccontare l’Italia e gli italiani. 

Trailer: Io, noi e Gaber
Disponibile su: RaiPlay

Silvia consiglia: Smetto quando voglio” (2014)
 
Regia: Sydney Sibilia 
Con: Leonardo Leo, Valerio Aprea, Stefano Fresi, Pietro Sermonti, Libero De Rienzo, Lorenzo Lavia, Paolo Calabresi, Valeria Solarino, Neri Marcorè 
Genere: Commedia / Crime 
Durata: 1h45 minuti

Trama: Roma, giorni nostri. Pietro Zinni, brillante ricercatore universitario, viene licenziato a causa dei tagli all’università. Frustrato dalla precarietà del lavoro universitario e stanco di vedere le sue ricerche bistrattate, raduna alcuni colleghi/amici di diversi settori accademici (anche loro precari, costretti a lavorare in condizioni avvilenti) e mette su una squadra che, grazie ai talenti di ognuno, inizia a produrre e spacciare una droga intelligente.

Lo consiglio perché… Chi, barcamenandosi tra la burocrazia, università e difficoltà lavorative, non ha mai pensato (ironicamente) “Se spacciassi vivrei meglio”? “Smetto quando voglio” dà vita a quell’idea in modo leggero e divertente, che “gioca” con le difficoltà di laureati e ricercatori nel nostro Paese, portandola un po’ all’assurdo. È un film divertente, con un cast perfetto, ottimo da vedere in compagnia, e che personalmente mi tira sempre su di morale. 

Trailer: Smetto quando voglio
Disponibile su: Netflix, RaiPlay

Adattamento dialoghi e doppiaggio: croce e delizia del cinema!

Adattamento dialoghi e doppiaggio:
croce e delizia del cinema!

Come avrete avuto modo di notare dai nostri social (ci seguite, vero?), abbiamo dedicato questo mese alla voce, alla giornata mondiale che la celebra e -in senso più ampio- al doppiaggio; ed è proprio su questo settore che vogliamo tornare a concentrarci, dedicando l’articolo di aprile all’adattamento dialoghi. Tuttavia, piuttosto che tediarvi con un articolo lungo e forse troppo tecnico, abbiamo deciso di proporvi un assortimento di doppiaggi (e talvolta di brevi esempi da essi tratti) con i quali vi dimostreremo quanto il lavoro del dialoghista adattatore sia al contempo importante e difficile: al netto della scelta delle voci dei doppiatori, il successo o meno di un prodotto può dipendere anche quasi interamente dalle trovate creative del dialoghista che, quando si rivelano azzeccate, possono addirittura andare a migliorare il prodotto di partenza. 

A questo proposito, vi è mai capitato di guardare  Le Follie dell’Imperatore in lingua originale? Vi sarete presto accorti che in inglese il film raramente riesce a causare ilarità nello spettatore, mentre in italiano è un concentrato di risate; questo grazie al doppiaggio, oltre a un adattamento che non adatta mai veramente ma stravolge l’originale. (Nota personale: un grazie di cuore a chiunque abbia avuto la geniale idea di accostare a grandi voci come Adalberto Maria Merli quelle di attori come Luca Bizzarri, Paolo Kessisoglu e Anna Marchesini. Quando si dice “una scelta che paga”!)

A volte invece, purtroppo aggiungerei, la scelta delle voci viene operata pensando solo alla velocità di lavorazione e ai costi. E si vede… anzi si sente! È il caso del film L’altra metà, uscito su Netflix nel 2020, e diventato immediatamente virale per la bruttezza del doppiaggio italiano. Complice infatti la pandemia, Netflix decise di far doppiare il film in italiano a persone italo-americane che, evidentemente, aveva in quel momento a disposizione in loco ed ecco così spiegata la presenza di un musicista e di un registra tra i “doppiatori” della prima versione del film. Fortunatamente, facendo seguito alle lamentele degli spettatori italiani, il 14 maggio di quello stesso anno il film è stato ricaricato sulla piattaforma con un doppiaggio ad opera di doppiatori professionisti.

E se parliamo di voci e doppiaggi, come non citare un assoluto capolavoro del doppiaggio italiano a opera di Maldesi e De Leonardis, ovvero Gli Aristogatti? Questa pellicola Disney è un esempio di adattamento praticamente perfetto: dalla scelta di far parlare gli animali con diversi dialetti (i cani da guardia Napoleone e Lafayette parlano milanese, mentre il protagonista Romeo er mejo der Colosseo parla ovviamente romano) all’adattamento dei nomi. Sia chiaro, quest’ultimo aspetto non è una scelta operata dall’adattatore, ma era all’epoca una politica Disney: i cartoni animati andavano adattati il più possibile al Paese in cui poi sarebbero stati trasmessi. Così, per assicurarsi che funzionassero per il pubblico italiano, si è andati a operare un adattamento anche dei nomi, anche se soltanto per quanto concerne gli animali. Così, solo per citarne alcuni, i tre gattini protagonisti hanno cambiato nome da Marie, Toulose e Berlioz in Minou, Matisse e Bizet e il motivo è molto semplice: si è scelto di sostituire i riferimenti originali alla regina Maria Antonietta, al pittore Toulose-Lautrec e al compositore Hector Berlioz in quanto si è ritenuto che potessero essere troppo oscuri per il pubblico italiano, preferendogli riferimenti ritenuti molto più chiari. Nel caso invece delle oche così belle da sembrare cigni (semicit.) Abigail e Amelia, si è scelto di modificarne i nomi, sostituendoli con due nomi ideali -nell’immaginario collettivo- per due zitelle incallite: Adelina e Guendalina; anche il cognome delle due non è casuale: visto infatti che l’originale Gobble rimanda all’onomatopea tipica dell’animale che starnazza nell’aia (anche se, per la precisione, rimanda in particolare a un tacchino), in italiano lo si è andati a sostituire con l’onomatopea tipica di parla troppo: Blabla.

Qualche volta però non è sufficiente sostituire l’espressione originale con la sua traduzione italiana, seppur corretta, come ci dimostra l’esempio riportato qui sotto, tratto dal film Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo, quarto capitolo della saga dedicata al celeberrimo archeologo. Quando il protagonista elimina un assalitore, lo studente interpretato da Shia LaBeouf, stupefatto, gli chiede, in inglese:

  • You’re a professor? 
  • Part-time.

Mentre in italiano chiede:

  • E tu saresti un professore?
  • Qualche volta.              

La traduzione è corretta? Sì. È anche di impatto? Non troppo.          
L’ironia di quel “part-time” pronunciato dal professore non riesce, infatti, a essere veicolato dalla traduzione “qualche volta” che, per quanto corretta, risulta -come dire?- scolastica. E se è vero che il film è ambientato nel 1957 e quindi mantenere il termine “part-time” sarebbe risultato anacronistico, è altresì vero che questa soluzione risulta fiacca. Al contrario, invece, la scelta traduttiva operata per la domanda dello studente lascia trasparire perfettamente il senso di stupore veicolato dalla scena; in questo caso, addirittura, la domanda funziona meglio in italiano che in inglese dove, tradotta letteralmente, lo studente chiede semplicemente: “Sei un professore?”

Come abbiamo visto dunque, il lavoro del dialoghista adattatore non è assolutamente semplice: è un costante gioco di equilibri tra creatività e fedeltà all’originale, attenzione alle immagini e adattamento alla cultura di arrivo. A volte ne escono dei capolavori indimenticabili, a volte (decisamente) no. Si potrebbe obiettare che non è sempre interamente colpa dell’adattatore, ma questa è un’altra storia…

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Per questo appuntamento di aprile abbiamo deciso di concentrarci su due pellicole che ci hanno particolarmente colpito per la qualità del doppiaggio.
Essendo questo infatti uno dei settori in cui la cura della voce è fondamentale per poter svolgere al meglio il proprio lavoro, abbiamo pensato che aprile fosse il mese giusto per celebrarlo. E se vi state chiedendo: “perché avete scelto proprio questo mese?”, ve lo spieghiamo subito: aprile è il mese in cui si celebra la giornata mondiale della voce, un’occasione per ricordare a tutti di prendersi cura di questo strumento così importante per l’essere umano.

Arianna consiglia: “Midnight in Paris” (2011) 

Regia: Woody Allen 
Con: Owen Wilson, Marion Cotillard, Rachel McAdams, Tom Hiddleston, Kathy Bates 
Doppiaggio: Midnight in Paris 
Genere: Commedia/Romantico 
Durata: 1h34 minuti 

Trama: Lo sceneggiatore e aspirante scrittore Gil si trova in vacanza a Parigi con la futura sposa e i futuri suoceri. Da sempre affascinato dalla Ville Lumière e dal suo passato, Gil finirà per caso (o forse per magia) nella Parigi degli Anni Venti, l’anima della cultura europea dell’epoca. Notte dopo notte, guidato dall’affascinante Adriana, Gil scoprirà quindi pregi e difetti dei Ruggenti Venti, facendo nel mentre la conoscenza di artisti del calibro, tra gli altri, di Hemingway, Dalì, Picasso e Fitzgerald. 

Lo consiglio perché… Chi di noi non ha mai pensato “come mi sarebbe piaciuto nascere in un’altra epoca” per vivere questo o quell’avvenimento? Con questo film si ha finalmente l’occasione di vivere questa esperienza, ritrovandosi catapultati tra artisti di cui abbiamo soltanto sentito parlare o che abbiamo soltanto avuto occasione di studiare. Allen ci porta in un mondo vecchio, ma allo stesso tempo nuovo, per farci capire che se è vero che nessuno si sente completamente felice dove si trova, allo stesso tempo è altresì vero che non abbiamo alcun modo di sfuggire a ciò che siamo. Con il supporto di un cast a dir poco strepitoso, di un’ambientazione da favola (Parigi, descritta come solo Allen sa fare), di una colonna sonora che resta nel cuore, e di un doppiaggio magistrale, questo film vi travolgerà. E sarà bellissimo. 

Trailer: Midnight in Paris 
Disponibile su: Now TV (Cinema) 

Silvia consiglia: “Zootropolis” (2016) 
Regia: Byron Howard, Rich Moore, Jared Bush 
Con le voci di: Ilaria Latini, Alessandro Quarta, Massimo Lopez, Roberto Fidecaro
Doppiaggio:
Zootropolis 
Genere: Animazione 
Durata: 1h48m 

Riconoscimenti: Premio Oscar al Miglior Film d’Animazione 

Trama: Un mondo animale non più diviso tra prede e predatori ma armoniosamente coabitato da entrambi. Nella capitale Zootropolis, la volpe Nick sbarca il lunario usando una serie di espedienti, mentre la coniglietta Judy, che sogna di diventare una poliziotta, si ritrova a essere una semplice ausiliaria del traffico, perché se è vero che non ci sono più predatori, gli stereotipi sono ancora ben presenti. Toccherà proprio a questa improbabile coppia risolvere il mistero dei 14 animali scomparsi e sventare i piani di chi vuole impossessarsi del potere. 

Lo consiglio perché… Tra i successi del doppiaggio italiano non posso non menzionare il doppiaggio di film di animazione, che fa sognare generazioni di grandi e piccini. La Disney presta da sempre moltissima attenzione all’adattamento della voce e degli elementi culturali nei suoi prodotti, e Zootropolis è un film che mi è rimasto nel cuore anche per questo. Oltre alla trama frizzante e coinvolgente, l’ambientazione in un mondo di fantasia e la presenza di animali parlanti ha permesso al doppiaggio di spaziare tra i diversi accenti italiani e di rendere i personaggi ancora più vivi e più divertenti, tra un bue muschiato toscano, una donnola romana e dei toporagni siciliani, a cui si aggiungono riferimenti a serie e film cult che tutti noi possiamo provare a riconoscere, e personaggi come il bradipo Flash che secondo me dimostrano di essere assolutamente iconici. 

Trailer: Zootropolis 
Disponibile su: Disney+  

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Marzo è il mese della primavera, dei fiori che sbocciano (con grande rammarico degli allergici al polline) e della notte che per eccellenza celebra il cinema: 
                                                   ✨ la notte degli Oscar ✨
Che siate o meno tra quelli che seguono l’evento in diretta, organizzando serate a tema con gli amici e facendo pronostici su vincitori e vinti, sicuramente vi sarà capitato sia di provare grande soddisfazione per la vittoria dell’attore o dell’attrice che preferivate, sia di rimanere delusi quando il film che volevate non si è aggiudicato la statuetta.
Ecco perché abbiamo ritenuto giusto citare nei nostri consigli cinematografici del mese sia un film vincitore dell’ambito premio, sia una pellicola che, al contrario, non ce l’ha fatta.
D’altra parte, ciò che conta davvero è che il film emozioni gli spettatori…

Arianna consiglia: “The Fabelmans” (2022)

Regia: Steven Spielberg
Con: Michelle Williams, Paul Dano, Gabriel LaBelle
Doppiaggio: The Fabelmans
Genere: Drammatico
Durata: 2h 31 minuti 

Trama: Ambientato tra l’Arizona e la California tra gli anni ‘50 e i ‘60, il film racconta la storia della famiglia Fabelman, e in particolare quella del piccolo Sammy. Spronato da un lato dall’amore della madre per l’arte in tutte le sue sfaccettature e dall’altro dal fascino della tecnologia instillatogli dal padre, Sammy trova nel fare cinema la sua strada. Quello stesso cinema che gli sarà ancòra di salvezza una volta scoperto un grande segreto familiare… 

Lo consiglio perché… Sarebbe una grave mancanza da parte di un’appassionata di cinema come me non menzionare uno dei film che mi ha colpito negli ultimi anni. È vero, questo è il mese degli Oscar e il film di Spielberg non riuscì a portare a casa nessuna statuetta, ma cosa importa? La pellicola emoziona e coinvolge lo spettatore, che si ritrova trasportato nell’intimità del mondo di Spielberg, che con questa storia autobiografica si racconta come regista, autore e figlio. Commovente ed emozionante, il film è una vera e propria dedica d’amore al cinema. 

Trailer: The Fabelmans – Trailer Ufficiale Italiano
Disponibile su: Amazon Prime Video

Silvia consiglia: “Il caso Spotlight” (2015) 

Regia: Tom McCarthy
Con: Mark Ruffalo, Michael Keaton, Rachel McAdams
Doppiaggio: Il caso Spotlight
Genere: Thriller, Giallo
Durata: 2h 08 minuti
Premi: Miglior Film, Miglior Sceneggiatura Originale

Trama: Nell’estate 2001 il neodirettore del “Boston Globe”, Marty Baron, per prima cosa incarica il team Spotlight di indagare sulla notizia di cronaca di un prete locale accusato di aver abusato sessualmente di decine di giovani parrocchiani nel corso di trent’anni. Baron è infatti convinto che non soltanto le alte sfere sapessero degli abusi, ma che abbiano fatto tutto ciò che era in loro potere per insabbiare la questione. Ne nasce così un’inchiesta che porta alla luce numerose situazioni analoghe in ambito ecclesiale. 

Lo consiglio perché… Alzandomi dalla poltrona del cinema alla fine del film, ricordo di essermi sentita vuota, arrabbiata e commossa allo stesso tempo. Mi sono resa conto istantaneamente di aver appena finito di vedere un film che mi avrebbe segnata, che non avrei dimenticato facilmente. E così è stato. A distanza di quasi 10 anni, continuo ad essere convinta che questo film sia uno di quelli che si sia davvero meritato la famosa statuetta come Miglior Film e Miglior Sceneggiatura originale. Tratta un tema complesso e rischiosissimo in modo estremamente delicato, toccante e coinvolgente, riuscendo a scioccare, indignare ed emozionare senza scadere in esplicitazioni visive e in dettagli troppo abbondanti, dimostrando un grande rispetto e un grande equilibrio. 

Trailer: Il Caso Spotlight – Trailer Ufficiale Italiano

Disponibile su: Amazon Prime Video 

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Eccoci a un nuovo appuntamento con la nostra rubrica di consigli, che questo mese non poteva che essere dedicata all’amore, nel mese che vede la festa degli innamorati. Ricordandovi che questi suggerimenti non vogliono in alcun modo essere una critica cinematografica, ma soltanto dei consigli da parte di persone appassionate di cinema, eccovi, con colpevole ritardo, le nostre scelte per una serata a tema amore, a prescindere che la passiate da soli o in compagnia: 

Arianna consiglia: “Prima o poi mi sposo” (2001)

Regia: Alan Shankman
Con: Jennifer Lopez, Matthew McConaughey
Doppiaggio: Prima o poi mi sposo
Genere: Commedia romantica
Durata: 1h 44 minuti 

Trama: L’italoamericana Mary Fiore è una rinomata wedding planner così dedita al proprio lavoro che alla propria vita sociale preferisce l’impegnarsi anima e corpo nell’organizzare il più bel giorno della vita delle coppie di sposi che si rivolgono alla sua agenzia. Ecco, quindi, che il padre di Mary, preoccupato per il futuro della figlia, le organizza un incontro con un giovanotto dai modi spesso imbarazzanti. Un giorno però, Mary incontra per caso Steve, un giovane e attraente medico che la salva da un cassonetto che sta per andarle addosso. L’attrazione tra i due è evidente, ma potrà mai succedere qualcosa tra i due se Steve si rivela lo sposo del prossimo matrimonio organizzato da Mary?  

Lo consiglio perché nel mese di San Valentino, come non consigliare uno dei miei film d’amore preferiti di sempre? Se come me siete appassionati di commedie romantiche, non potete assolutamente perdervi questa perla con uno dei re della commedia romantica anni 2000, Matthew McConaughey. La storia potrà sembrarvi scontata (e forse lo è), ma vi assicuro che, come ogni rom-com che si rispetti, vi farà venire voglia di innamorarvi. Cosa dire su questa pellicola per non svelare troppo? Che la guardiate in coppia o meno, accompagnate la visione con una ciotola di M&Ms… poi capirete. 

Trailer: PRIMA O POI MI SPOSO (film 2000) TRAILER ITALIANO (youtube.com) 

Disponibile su: Amazon Prime Video 

 

Silvia consiglia: “La La Land” (2016)

Regia: Damien Chazelle
Con: Ryan Gosling, Emma Stone, J.K. Simmons
Doppiaggio: La La Land
Genere: Sentimentale, Musicale, Drammatico
Durata: 2h 08 minuti

Trama: Nella città dei sogni, Los Angeles, i due aspiranti artisti Mia e Sebastian sbarcano il lunario con lavori che non li soddisfano appieno: Mia serve il caffè agli attori e alle attrici con cui spera un giorno di condividere il set, mentre Sebastian suona musica jazz in un piano bar, sognando di aprire un locale tutto suo. Accomunati da una grande passione per l’arte, i due in breve tempo si innamorano, ma proprio quando tutto inizia ad andare per il verso giusto, si troveranno a fare i conti con le rispettive ambizioni professionali. 

Lo consiglio perché nel pieno della stagione dei grandi premi del cinema e a poche settimane dagli Oscar, il mio consiglio del mese è La La Land, uno dei miei film preferiti. Grazie alle musiche e alle coreografie coinvolgenti, ai dialoghi, ai costumi e ai colori, è in grado di traghettarci in un mondo in cui l’amore romantico si intreccia con quello per i propri sogni, di farci ballare e cantare con i protagonisti, di farci gioire e piangere con loro, e di mostrarci un epilogo secondo me perfetto. 

Un inno ai sognatori che è stato la mia colonna sonora per moltissimo tempo, e che quindi consiglio di vedere e di assaporare in tutta la sua poesia. 

Riconoscimenti: 14 candidature e 6 vittorie ai Premi Oscar 2017 (tra cui Miglior regista, Miglior Attore Protagonista, Miglior Attrice Protagonista e Miglior Colonna Sonora)

Trailer: La La Land – Trailer Italiano Ufficiale (youtube.com) 

Disponibile su: Amazon Prime Video, Rai Play, Netflix, Tim Vision 

A bocca chiusa

A bocca chiusa

Tre settimane.

Tre settimane di bocche chiuse e di microfoni spenti.

È passato quasi un anno ormai da quelle tre settimane di silenzio quasi assoluto, per non dire assordante che hanno quasi completamente fermato le sale doppiaggio italiane; per chi non lo ricordasse o perché chi non lo sapesse (Davvero? Anche se non lavorate nel settore, non ricordate la polemica sulla mancata uscita della versione doppiata del finale di The Last Of Us?) tra il febbraio e il marzo dell’anno scorso, le sale doppiaggio si sono fermate a causa di un lungo sciopero di circa tre settimane che ha visto coinvolte quasi tutte le maestranze che operano nel settore doppiaggio: dai doppiatori (da cui l’intera protesta è scaturita) ai fonici, agli assistenti al doppiaggio; eccezion fatta per poche e generalmente piccole realtà, la filiera si è fermata.

Alla base dello sciopero, c’era una richiesta: quella di tornare al tavolo per discutere il rinnovo del CCNL Doppiaggio, scaduto ormai da 15 anni, eppure ancora vigente; la contrattualistica non era andata di pari passo con il cambiamento e le maestranze del settore si trovavano a non essere più tutelate. Come è stato messo in chiaro da molte voci in numerose interviste rilasciate durante le tre settimane di sciopero, la questione andava però anche al di là della mera protezione personale: oltre alla richiesta di una migliore retribuzione e di tempistiche di lavoro più umane, infatti, per molti dei doppiatori coinvolti nello sciopero, la questione riguardava anche la dignità e la qualità del doppiaggio italiano, un settore che è sempre stato un vanto del nostro Paese. Se è vero che le ultime ricerche dimostrano che più dell’80% degli italiani predilige la visione di prodotti doppiati, è altresì vero, infatti, che negli ultimi anni si è riscontrato un calo della qualità del doppiaggio; un generale impoverimento che in molti hanno riscontrato non soltanto nella qualità dei dialoghi, ma anche nel lessico utilizzato e persino nella qualità dell’audio fornito.

Una situazione, questa, figlia però di un lento cambiamento che ha stravolto la filiera; mentre, negli anni ’90,  la lavorazione dell’edizione italiana di un film (comprensiva di adattamento dialoghi e doppiaggio) poteva essere anche di un mese e mezzo, in tempi più recenti, le tempistiche per lo stesso film si sono ridotte a mere due settimane, tre quando va bene. Viene quindi da sé che tutto ciò che prima veniva curato nei minimi dettagli (dall’adattamento dialoghi all’interpretazione dei doppiatori in sala), adesso è costretto a passare in secondo piano per lasciare spazio a una ricerca di aderenza alla voce e al senso originali che, in un momento non meglio specificato di questo processo, sono diventati gli elementi più importanti a cui attenersi.

E questo ci porta, a cascata, a parlare del secondo grande motivo dietro lo sciopero: ci diciamo sempre che la macchina non potrà mai rimpiazzare del tutto l’uomo perché soltanto l’uomo è capace di provare (e provocare) emozioni, ma se la qualità cala in maniera così drastica rendendo certi prodotti asettici, cosa impedirà all’intelligenza artificiale di rimpiazzare gli umani nella filiera? E a questo proposito, come si frena la sempre più preponderante presenza della macchina all’interno di un settore come quello del doppiaggio? Da sempre i doppiatori, per contratto, firmano una cessione dei diritti della propria voce che, finora, è servita a garantire la libertà alle case di produzione di utilizzare le voci doppiate a fine di marketing (si pensi ad esempio ai tagli operati al video per realizzare i promo dei prodotti); ma se nessuno si impegna a contrastare l’uso indiscriminato dell’IA, di cui già ci sono esempi online, cosa impedirà ad aziende e persino a privati di sfruttare le voci dei doppiatori per ulteriori fini? Può sembrare un problema per il futuro, ma è purtroppo un problema del presente: basti chiedere a Christian Iansante, voce, tra gli altri, del personaggio di Rick nella serie Rick e Morty, che ha trovato online degli estratti del cartone doppiati con la sua voce che lui però non ha mai registrato. E perché fermarsi a questo se l’IA sarà addirittura in grado di utilizzare sample di voci esistenti per crearne una nuova da poter usare indiscriminatamente?

Sebbene lo sciopero sia durato “solo” tre settimane, questo è bastato per riportare le parti al tavolo e così, dopo mesi di riunioni, il 6 dicembre 2023 si è giunti finalmente a un accordo, con la stipula del nuovo CCNL Doppiaggio, che potete trovare qui, sul sito dell’ANICA, Associazione Nazionale Industrie Cinematografiche Audiovisive e Digitali: Rinnovato il CCNL Doppiaggio.    
Nel comunicato stampa che ne ha dato notizia, il contratto viene definito “innovativo e adeguato ai tempi, articolato e migliorativo per le parti coinvolte. [La ratifica di suddetto contratto] adegua finalmente la normativa contrattuale del Settore Doppiaggio ai numerosi cambiamenti, anche tecnologici, avvenuti negli anni, con l’obiettivo di renderla quanto più attuale e concreta, esigibile e innovativa. Tra le novità qualificanti del nuovo accordo, l’inserimento di un intero articolo dedicato all’intelligenza artificiale, e l’aggiunta di un recupero salariale a fronte di una riduzione dei ritmi di lavoro, a favore di un miglioramento sostanziale della qualità della prestazione e quindi del prodotto finale.

Adesso che il problema sembra essere parzialmente risolto, almeno a livello normativo, in realtà, la domanda che la gran parte del settore si pone è la stessa che in molti si ponevano con l’accordo ponte precedente: quante realtà del settore si atterranno davvero alle nuove regolamentazioni, soprattutto per quanto riguarda le tariffe? A fronte di quanto ottenuto, la situazione rimarrà invariata o qualcosa cambierà davvero? 
        
Ai posteri (o forse semplicemente a noi tra qualche mese) l’ardua sentenza.

RestART consiglia…

RestART consiglia…

Eccoci a un nuovo appuntamento con la nostra rubrica di consigli filmici, che vi ricordiamo non vogliono in alcun modo essere una critica cinematografica, ma semplici consigli da parte di persone appassionate di cinema.
E ricordate, questo mese i film sono rigorosamente da abbinare a una buona cioccolata calda, da godersi sotto una bella coperta alle luci dell’albero.

Silvia consiglia: “Klaus – I segreti del Natale” (2019)

Regia: Sergio Pablos, Carlos Martínez López
Con le voci di: Marco Mengoni, Francesco Pannofino, Ambra Angiolini, Neri Marcorè
Doppiaggio: Klaus – I segreti del Natale

Genere: Animazione, Avventura
Durata: 1h 38 minuti

Trama: In un questo film di Natale che è destinato, con ogni probabilità, a diventare un classico, non ci sono né donne in carriera che tornano al villaggio natìo né tagliaboschi sexy. Questa favola moderna racconta invece la storia di un giovane postino magrolino e viziato che viene spedito su un’isola ghiacciata del Circolo Polare Artico con il compito di consegnare  6000 lettere nell’arco di un anno e dell’improbabile amicizia che si viene a creare con un misterioso falegname dalla stazza di un gigante che vive isolato da tutti.

Lo consiglio perché a dicembre non posso non consigliare un film di Natale. Si tratta di una rivisitazione dolce della leggenda di Babbo Natale. Lo consiglio perché non è la classica storia di Natale, ma si porta dietro un’aria di fiaba e di magia in grado di far divertire e commuovere grandi e piccoli, in grado di intrattenere e al tempo stesso di dare messaggi importanti per ognuno di noi. Concedetevi questo viaggio tra i ghiacci del polo, che riuscirà sicuramente a scaldarvi il cuore.

Trailer: Klaus | Trailer ufficiale | Netflix Italia – YouTube
Disponibile su: Netflix


Arianna consiglia: “Isi e Ossi” (2020)

Regia: Oliver Kienle
Con: Lisa Vicari, Dennis Mojen
Doppiaggio:
Isi e Ossi
Genere: Commedia, Sentiment distrae, intraale
Durata: 1h 53 minuti

Trama: Isi, ricca e ribelle, vuole sfuggire alla famiglia rigida e snob nella quale è nata, che le impedisce di realizzare il suo sogno di frequentare un corso di cucina a New York. Ossi, invece, è un pugile dilettante, squattrinato, indebitato e alle prese con una famiglia malandata. Per indispettire i genitori, con la speranza di essere così finalmente ascoltata, Isi propone a Ossi di fingersi il suo fidanzato in cambio di soldi. E senza volerlo, i due restano coinvolti nelle reciproche vicende familiari e personali.

Lo consiglio perché: a volte si ha semplicemente bisogno di staccare un po’ la testa da ciò che ci circonda e passare una serata tranquilla. È proprio così che ho scoperto questo film: in quarantena, circondata da situazioni drammatiche che mi coinvolgevano direttamente e indirettamente, ho scelto un film a caso del catalogo Netflix e mi sono imbattuta in questa piccola chicca tedesca. Una trama non troppo originale per un film senza pretese che però riesce perfettamente nel suo intento: diverte, intrattiene e, come tutte le storie d’amore che si rispettino, fa sognare ad occhi aperti.

Trailer: Isi & Ossi | Trailer ufficiale | Netflix Italia – YouTube
Disponibile su: Netflix

AUDECON: “vedere è [solo] una parola”

AUDECON: "Vedere è [solo] una parola"

Cinecittà come simbolo della storia del cinema italiano e come punto di inizio per quella che si spera sarà una conversazione che si espanderà il più possibile sull’audiodescrizione e, più in generale, sull’accessibilità e l’inclusività nel cinema.
Il 14 novembre, infatti, a Cinecittà si è tenuta la prima conferenza internazionale sull’audiodescrizione, a cui hanno preso parte esperti di tutto il mondo per creare un programma che potesse parlare di audiodescrizione da ogni punto di vista: da quello accademico (con Joel Snyder, Pilar Orero, Maria Valero Osbert…) a quello dell’industria audiovisiva con i rappresentanti di alcune realtà di produzione e di distribuzione; tutto questo senza ovviamente dimenticare le associazioni di categoria perché, come per ogni altro argomento, non si può parlare per loro senza di loro.

In generale, l’accessibilità ha fatto passi da gigante, non solo da un punto di vista di comprensione e attenzione all’ambito, passando oltre al preconcetto per il quale con accessibilità si intende soltanto quella che fa riferimento alla disabilità motoria, ma anche da un punto di vista accademico, diventando disciplina di studio che offre progetti di ricerca e corsi specialistici in tutto il mondo; tra questi, ci sembra doveroso menzionare il progetto di ricerca a cui sta lavorando ormai da anni la professoressa Pilar Orero: l’accessibilità nel metaverso. L’idea è di per sé già incredibile e in alcune sue specificità sarebbe anche accessibile, ma non lo è l’accesso stesso al metaverso in quanto comporta l’utilizzo di un visore. Come sarebbe possibile per un cieco o un ipovedente interagire con il visore così da poter accedervi? E una volta dentro, l’avatar potrebbe o dovrebbe rispecchiare la disabilità? A queste e a molte altre domande stanno lavorando da anni la professoressa e il suo team per rendere accessibile anche il mondo di domani.

Ma tornando al presente, la professoressa Elisa Perego ha spiegato che in Europa sono stati sviluppati quattro progetti la cui finalità è quella di meglio definire che cosa sia l’audiodescrizione, chi sia un audiodescrittore e quali possono essere le migliori linee guida per creare un’audiodescrizione di qualità, dove, con audiodescrizione, si intende una traccia audio aggiuntiva che si inserisce tra i dialoghi o nelle pause non importanti di film, serie TV ecc.. per spiegare a voce gli elementi visivi che altrimenti le persone cieche o ipovedenti non potrebbero cogliere (aspetto fisico, colori, ambientazioni…). È importante a questo proposito sottolineare che, come riportato da Joel Snyder, uno dei primi audiodescrittori al mondo, il cosa accade sullo schermo è tanto importante quanto il come accade: l’idea di fondo deve essere infatti quella di descrivere anche l’essenza di ciò che succede e non soltanto di fornire una mera descrizione, perché così facendo si andrebbe a togliere alle persone con disabilità la possibilità di godere veramente di un prodotto. È vero che la voce che narra l’audiodescrizione deve essere neutrale, ma ciò non significa che anche la narrazione debba esserlo.

L’obiettivo ultimo sarebbe quello di arrivare ad avere delle produzioni della cui filiera faccia già parte l’audiodescrittore: è per questo che in Paesi come Spagna, Regno Unito e Australia si spinge per la creazione della figura dell’accessible coordinator, per far sì che la cultura dell’accessibilità sia presente fin dalle prime fasi della lavorazione di un prodotto audiovisivo (e a questo proposito si ritiene importante anche citare la figura di Pablo Romero Fresco, figura di spicco in questo ambito, che sta lavorando proprio all’Accessible Filmmaking, una nuova forma di produzione di film che pone appunto l’accento sull’importanza di avere una figura del genere durante tutta la lavorazione del film).

Nella pratica però, i passi avanti menzionati dagli accademici sono presenti ma non sono ancora abbastanza: se è vero che esiste una legge che tutela l’accessibilità (legge Cinema del 2016) è altresì vero che questa non è stringente e che spesso e volentieri, anche se viene fatta un’audiodescrizione, questa è destinata a rimanere in un cassetto o a non rispettare standard qualitativi; assieme alla mancanza di audiodescrizioni infatti, le associazioni di categoria lamentano una scarsa qualità che, a detta loro, dimostra come questo genere di lavorazioni venga fatto solo perché lo impone la legge e non perché lo si ritiene davvero importante. Le richieste delle associazioni di categoria sono molto chiare: smettere di essere trattati da cittadini di serie B e avere la possibilità di godere di un film senza doversi sentire “grati” se una pellicola ha l’audiodescrizione. L’accessibilità dovrebbe essere considerata una spesa come le altre da inserire nei budget di produzione e dovrebbe essere regolamentata da un organo di controllo che si assicuri che qualsiasi film disponga di audiodescrizione, perché il cinema torni a essere uno strumento di inclusione. Un’inclusione che, è stato sottolineato, deve essere però implementata non soltanto nel settore audiovisivo, ma in generale perché le barriere non sono soltanto architettoniche ma anche e soprattutto umane.

Il quadro è chiaro: c’è modo di cambiare le cose, come dimostrano i successi già ottenuti, ma c’è bisogno di impegno e volontà perché la situazione cambi davvero. Una considerazione, questa, condivisa anche dai rappresentanti di alcune realtà dell’industria cinematografica che sostengono che, al netto dei passi avanti fatti, l’obbligo di produrre audiodescrizioni e sottotitoli per persone sorde ha desensibilizzato all’argomento; anche perché, e questo è un paradosso, c’è l’obbligo di produrre queste lavorazioni accessibili, ma non di distribuirle. Ci sarebbe quindi bisogno di una maggiore accortezza da parte delle istituzioni che, propone Lorenzo Lalle di 01Distribution, dovrebbero creare una commissione di revisione artistica e legislativa in materia, per assicurare a questa (larga) fetta di pubblico la stessa qualità di prodotto offerta alle persone non disabili. Tuttavia, come dicevamo, dei passi in avanti sono stati fatti e i numeri, soprattutto per la RAI e per alcune piattaforme streaming, lo confermano: basti pensare che la RAI audiodescrive almeno i tre quarti dei programmi di prima serata (all’incirca 1800 ore sui canali primari e 2500 sui secondari). In generale l’offerta accessibile è aumentata: dall’accessibilità social a quella in diretta di programmi come il Festival di Sanremo e la prima della Scala in RAI, passando per i programmi per bambini resi accessibili in audiodescrizione e in LIS su Tim Vision. Come dimostrano questi numeri e il costante incremento di prodotti accessibili in ogni ambito (si pensi ad esempio ai videogiochi accessibili della Novis Games che sono in fase di sviluppo), l’accessibilità interessa una larga parte della popolazione e un vasto numero di settori: allora perché non pensare, a livello istituzionale, a istituire magari un fondo che premi questo tipo di sforzo, un po’ come già succede a chi lavora per costruire una società più green?

In conclusione, la vera domanda è: al netto dei passi avanti fatti soprattutto in Europa, cosa aspettiamo ad agire perché queste persone smettano di sentirsi cittadini di serie B? Come più volte sottolineato durante la conferenza, i ciechi e gli ipovedenti pagano le tasse come tutti, quindi perché non hanno diritto come gli altri a determinate libertà, come quella relativamente semplice di poter scegliere un film invece che essere costretti alla scelta dalla presenza o meno di un’audiodescrizione?

La strada è quella giusta, ma è ancora lunga, molto lunga…

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